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Marina Abramovich: "grandmother of performance art"
21/11/2024
Marina Abramovic video arte performance art

Marina Abramović è un’artista di fama mondiale nata nel 1946 a Belgrado.

Rinomata per essere specializzata in Performance Art e Body Art, Marina Abramović è nipote di un patriarca ortodosso della chiesa serba, figlia di due ex partigiani, ha frequentato dal 1965 al 1972 l’Accademia della Belle Arti e, dal 1973 al 1975 ha ricoperto il ruolo di insegnante presso l’Accademia delle Belle Arti di Novi Sad.

Già durante il periodo dell’insegnamento, Marina Abramović lavora alle sue prime esecuzioni.

Nel 1974 viene, poi, riconsciuta come artista anche in Italia e si cimenta nell’esecuzione della performance “Rhythm 4” presso la galleria Diagramma di Luciano Inga Pin a Milano.

Marina Abramovic Rhythm 4

 

Il 1976 vede l’artista lasciare la Jugoslavia alla volta di Amsterdam dove decide di vivere.

Proprio nel 1976 instaura un rapporto di collaborazione oltre che una relazione sentimentale con l’artista tedesco Ulay.

Il 1977 la proclama, poi, vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con la sua esecuzione “Balkan Baroque” in cui, nell’intenzione di dare forma ad un atto di purificazione a seguito della cruenta guerra dei Balcani, lava ossa e scheletri seduta su resti animali.

Marina Abramović esprime la sua arte attraverso il suo corpo raccontando la femminilità, la sessualità, il vivere quotidiano, le problematiche della società contemporanea con esecuzioni talvolta estreme e molto forti.

In “Rhythm 10”, la sua prima performance risalente al 1973 finalizzata all’esplorazione degli elementi della ritualità gestuale, l’artista, ad esempio, esegue un gioco russo in cui vengono tirati, uno alla volta, venti coltelli tra le dita aperte di una mano.

Marina Abramovic Rhythm 10

La performance, interamente registrata, viene riascoltata e rivissuta nel tentativo di ripetere i medesimi movimenti ed errori per attivare percorsi di esplorazione fisici e mentali.

Anche l’esecuzione “Rhythm 0” del 1974 fa ben comprendere l’attività dell’artista serba: dopo aver dichiarato al pubblico che sarebbe rimasta priva di conoscenza per sei ore, Marina Abramović invita i partecipanti ad utilizzare liberamente gli strumenti di piacere e dolore da lei messi a disposizione.

Se le prime tre ore vedono un coinvolgimento timoroso da parte dei partecipanti e solo qualche approccio di tipo intimo, nelle restanti tre ore la performance diviene pericolosa: i partecipanti inizialmente dubbiosi, infatti, dopo aver tagliato con le lamette i vestiti dell’artista, iniziano a tagliarle anche la pelle ed a bere il suo sangue.

Gli spettatori, dunque, consapevoli della gravità della situazione e dell’eventualità di una violenza nei confronti dell’artista, corrono in suo soccorso finendo per dare inizio ad una rissa.

Altra esecuzione estrema è “Freeing the voice” del 1976 in cui Marina Abramović, in posizione supina e con la testa reclinata all’indietro, si rivolge al pubblico emettendo un suono atono e scatenando la reazione degli spettatori che, inconsapevolmente, riproducono il medesimo suono.

La performance termina nel momento in cui l’artista non emette più alcun suono.

Marina Abramovic The Abramovich method

L’ultima esecuzione risale, infine, al 2012 ed è “The Abramovic method”: in questa performance l’artista invita gli spettatori a sperimentare le sue installazioni interattive sollecitandoli a mettersi in contatto con l’opera in modo tale da riuscire a distaccarsi totalmente dalla realtà ed avvicinarsi a sè stessi in maniera intima e liberatoria.

Attualmente Marina Abramović vive a New York e continua a portare avanti la sua attività artistica.